Quanto le nostre città sono “intelligenti”?
Un aggettivo che sentiamo sempre più spesso, nella sua accezione inglese “smart”, ma ancora di difficile definizione. Infatti, quando una città è “smart”? Una domanda a cui da anni si cerca di dare risposte sempre più concreti e basate sui dati. E proprio questo il tema che vi proponiamo oggi, affidandoci al rapporto ICityRate 2016 che stila la graduatoria delle città italiane facendo un’analisi di 106 comuni capoluogo sulla base di 105 indicatori statistici.
Come viene valutata l’intelligenza di una città?
“Quest’anno più che in passato ICityRate va a misurare la capacità delle città di farsi piattaforma abilitante, di guardare a traguardi lunghi facendo scelte e investimenti che puntano sui nuovi driver di sviluppo – commenta Gianni Dominici, curatore della ricerca – Il paradigma della Smart City negli ultimi anni ha sempre di più spostato l’accento dall’innovazione tecnologica all’innovazione sociale, al co-design, alla gestione dei beni comuni”. Tra le nuove variabili figurano così l’accoglienza e la gestione dei flussi migratori, l’attrattività dei “cervelli”, l’agevolazione dell’uso sociale degli spazi pubblici (fonte)
E’ Milano a guidare la graduatoria: è il luogo con il più alto valore aggiunto pro capite, la maggiore intensità brevettuale, la principale sede di imprese di grandi dimensioni, e ha visto nascere negli ultimi anni il maggior numero di Fablab e maker space. Gli artigiani digitali scelgono Milano, e soprattutto la città sceglie di investire su un modello nuovo di innovazione urbana che sposta l’asse della strategia di sviluppo verso forme nuove di economia collaborativa e social innovation; un modello che si realizza attraverso la concessione di spazi, il sostegno economico a progetti e imprese, la creazione di reti di innovatori e la definizione di nuove ed articolate politiche urbane.
Al secondo posto troviamo Bologna, che tra i tanti meriti ha quello di trattenere per sempre i suoi visitatori mostrando un’alta attrattività , capacità gestionale, partecipazione e stabilità economica. Al terzo posto troviamo Venezia, che spicca per l’ottimo piazzamento nella mobilità e non solo. La città lagunare è foraggiata dal suo dualismo interno tra Venezia e Mestre, anime complementari dello stesso organismo e che garantiscono grande vivacità urbana.
Ai piedi del podio Firenze, poi Padova, Torino, Parma, Trento, Modena e Ravenna. Praticamente la quasi totalità dei capoluoghi emiliani nella top10. L’Emilia Romagna si candida dunque a regione più virtuosa.
E il SUD?
Roma si attesta in 21a posizione, Cagliari in 54a. Poi nell’ordine Bari (65), Palermo(86), Napoli (89), Catania (95).
“Il Sud è ancora lontano dalla top ten, ma la distanza con le altre aree geografica si è ridotta. A partire dal dato di Cagliari, la prima città del meridione (che sale di 6 posizioni rispetto al 2015) grazie ad un miglioramento significativo in diverse aree (People, Governance, Living e Legalità), per continuare con Matera (+12), Pescara (+5), Bari (+4), Lecce (+5), Oristano (+1), Potenza (+2). Appare, inoltre, tra le prime 15 città del Sud, una città siciliana: Siracusa, che sale di ben 16 posizioni dall’anno passato superando Palermo e Catania ed esprimendo le migliori performance in indicatori quali la dispersione idrica, l’equilibrio occupazionale di genere, l’accessibilità degli istituti scolastici, la bassa presenza di giornalisti e amministratori minacciati.
Una crescita, quella del Sud, che sopperisce alle carenze infrastrutturali attraverso dinamiche che afferiscono al capitale sociale, con esperimenti di innovazione sociale che vengono messi a sistema e creano sviluppo “ (fonte)